Turchia Italia Arkadas..articolo pubblicato su Ravenna&Dintorni

Turchia Italia Arkadas! Arkadas significa Amici in turco, questo ci dicono le persone appena ci sediamo in un Cafè. Il nostro viaggio in bicicletta ha incontrato la Turchia nella sua rotta percorrendone 1800 kilometri e ne sono felice. Ora mentre vi scrivo ci troviamo ad Erzurum, città importante della Turchia orientale, a 1900 metri di altitudine, fra le montagne innevate e a quattro giorni di pedalata dal confine iraniano.
In questi 40 giorni di Anatolia ho incominciato a capire qualcosa di questa terra, della sua lingua, delle sue persone. Viaggiando per strada su due ruote, lentamente, siamo in ogni momento a contatto con la gente del luogo, passando nei paesini tutti ci salutano, ci invitano a fermare, ci offrono un Cay che è il loro tè.
Come da noi in Italia è il caffè l’anello che lega le persone a passare un po’ di tempo insieme, il pretesto tra l’ospitalità, un rito quotidiano e una dipendenza; qui è il cay. Il prezioso cespuglio del tè viene coltivato nei pressi di Rize, città movimentata affacciata sul mare, facendo della Turchia il terzo produttore mondiale di tè dopo India e Cina.
Noi da Istambul per arrivare qui abbiamo scelto la via più a Nord, per costeggiare il mar Nero detto Karadeniz, con lunghi tratti su strade a strapiombo sull’acqua. Amici ravennati non vi aspettate la costiera romagnola dritta e pianeggiante, immaginatela più come la costiera ligure con sali e scendi e numerose incursioni nell’entroterra per accerchiare i massicci più alti. Tutta l’area marittima che guarda da lontano la Russia è spesso piovosa e fredda, il mare è scuro, colpa le sue sabbie ricche di carbone e le montagne che si sdraiano a riva facendo ombra sulle costanti onde e intimorendo i 2 giovani ciclisti romagnoli. Qualche città più turistica come Amsra e Sinop ricche di scorci mozzafiato ci hanno ospitato qualche giorno, le gambe a gran voce esigevano il riposo.
Il senso di sicurezza che si respira nell’aria è il lato che più mi ha positivamente colpito di questa Turchia, immaginata diversa quando preparavamo il tragitto da Ravenna. Ci aspettavamo subito fuori da Istanbul una nazione più arretrata, più disordinata, più chiusa. Invece adesso con il sorriso ho una fotografia diversa: li abbiamo trovati aperti e curiosi forse più di noi stanchi europei. Il commercio è vivace, l’economia cresce del 7% l’anno e si percepisce ovunque, nei tanti cantieri aperti, nelle nuove strade, nelle vie del centro stracolme di buste, nel via vai di persone nei bazar, nell’energia positiva quando ascolti loro parlare del futuro. Il paradosso è che fino a qualche anno fa il governo turco lavorava per entrare in Europa, ora, guardandoci dimenare goffamente nelle nostre Crisi, ci ripensano, prendono tempo, continuano nella loro strada che sembra al contempo difficile ma virtuosa.
Io e Marco nell’antico regno Ottomano siamo come due bambini, con gli occhi aperti per imparare e due biciclette per giocare. Ci insegnano a dire grazie, buongiorno, come ti chiami; capiamo i loro gesti espressivi e diversi dai nostri, ci togliamo le scarpe entrando nelle moschee e nelle case, beviamo cay e mai vino.
Questi 40 giorni sono paragonabili alla prima elementare, servirebbe più tempo per avere il “Diploma Turco”, ma noi dobbiamo andare, facciamo tesoro di tutto questo, smontiamo la tenda, carichiamo le bici, ringraziamo e poi sui pedali puntando la Persia. Grazie Turchia per averci aiutati, per averci regalato il Mare, a volte il sole e le montagne innevate dopo le salite. E grazie per tutti i Cay offerti, per il regalo culturale, per essere ancora attaccata alla tua storia ma con un piede nel domani.
Ora posso dirlo anch’io, Italia Turchia Arkadas!

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