Il Mostro..articolo pubblicato su Ravenna&Dintorni

Mi sveglio sudato, sono le sei di mattina, il caldo è sabbioso, mi trovo in una camera di una vecchia guesthouse iraniana. Apro la finestra alla ricerca di aria fresca, ma uno schiaffo d’inquinamento mi da a suo modo il buongiorno. Esco dalla stanza, una zaffata di odori bruciati di cucina mi penetra dalle narici.
Scendo quattro rampe di scale, versi di uomini virili dai bagni, vernice chimica che asciuga alle pareti, moquette umida e logora all’ingresso. Mi ritrovo in strada, dopo pochi passi il mostro, Teheran, mi circonda. Sei milioni di persone si riversano in strada, il rumore è costante, è frastuono di clacson e frenate, voci disordinate di venditori d’anticaglie. Attraversare il primo incrocio è la ginnastica del risveglio, la precedenza ce l’ha il più convinto, nè il più grosso ovvero il camion, nè il più debole ovvero il pedone, passa chi si butta con più forza. I trecento passi per arrivare alla metro sono una danza obbligata, uno slalom speciale tra taxisti fast & furious e motociclisi vestiti da piloti. Trovo la metro, tre linee appena con frequenze ridicole per smaltire l’afflusso costante di automi.
Entro in una carrozza, trovo il posto solo per un piede, l’equilibrio non serve, la folla mi tiene su. Sei fermate, strizzato e sgualcito esco dal sottosuolo, sono in centro. Chiedo a un passante cosa possa visitare, mi risponde nulla, Teheran è una città per il business e la politica, non per turisti. Cammino come faccio sempre cercando di perdermi, cerco una piazza, una strada pedonale, mi ritrovo a marciare nella corsia di sicurezza di una delle tante tangenziali interne. Salgo su un taxi, diretto alla Milad Tower fra le dieci più alte del mondo. La corsa è disperata, folle, mi allaccio la cintura, mi tengo saldo alla maniglia, l’ultima volta alle montagne russe ero più rilassato. Le regole della strada non esistono, neanche l’ambulanza a sirene spiegate ha la precedenza. Penso al film “Un giorno di ordinaria follia” in cui Michael Douglas in un traffico del genere impazzisce e incomincia a sparare. Pago il taxi, ovviamente con il rincaro del tourist, salgo sulla torre moderna, cerco serenità a 400 metri d’altezza.
Le montagne del Domovand incorniciano Teheran ma sono impotenti di depurare l’aria, di regalare alla città acqua pura. Una nuvola grigia opprime i palazzi. Guardo in basso, il Mostro è sotto i miei piedi, solo qualche parco a spezzare l’inferno. Teheran dall’alto sembra un polmone troppo ammalato per salvarsi, le sue strade sono vene in cancrena, la metastasi è ovunque.
Uomo cosa ci fai qui? Uomo perchè distruggi il mio mondo e lo rendi invivibile? Uomo te ne rendi conto o sei già morto?
Io salgo in bici, mi salvo perchè non sono ancora cieco, non sono ancora sordo, non sono ancora insensibile ai Mostri.

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